Teologia della Devozione del Sacro Cuore di Gesù – 1

Teologia della Devozione del Sacro Cuore di Gesù

Orientamenti odierni

di Francesco Pignatelli


  • Chi desidera utilizzare questo articolo è pregato di citare questa fonte: F. PIGNATELLI, Teologia della devozione del Sacro Cuore di Gesù. Orientamenti odierni, in «Studi Rogazionisti» XIV 1993, 41, p. 6 – 82. 
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SIGLE ED ABBREVIAZIONI

AAS       = «Acta Apostolicae Sedis» (Città del Vaticano 1908 – ss.).

ASS       = «Acta Sanctae Sedis» (Roma 1860 – 1907).

Cv.C.     = «La Civiltà Cattolica» (Napoli – Firenze – Roma 1860 – ss.).

DES     = «Dizionario Enciclopedico di Spiritualità», a cura di E. ANCILLI, 3 voll., [Roma],     Ed. Città     Nuova, [1990].

DIP = «Dizionario degli Istituti di Perfezione», a cura di G. PELLICCIA-G. ROCCA, 8 voll. [Roma], Ed. Paoline, [1974 – ss].

DTI = «Dizionario Teologico Interdisciplinare», a cura di L. PACOMIO e coll., 3 voll. [Torino], Ed. Marietti, [19772].

DS = «Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum…», a cura di H. DENZINGER – A. SCHÖNMETZER, Barcellona – Friburgo – Roma,     Ed. Herder, 197636, p. 954.

DSAM     = «Dictionaire de Spiritualité Ascetique et Mystique, doctrine et histoire», a cura di M. VILLER e     coll., Parigi, Ed. Beauchesne, 1953 – ss.

GLNT     = «Grande Lessico del Nuovo Testamento», a cura di G. KITTEL – G. FRIEDRICH e coll., 15 voll.,     [Brescia], Ed. Paideia, [1969 – 1988].

HA     = PIO XII, Haurietis Aquas, AAS     48 (1956), p. 309 – 353. Le citazioni in lingua italiana sono tratte da «La Civiltà Cattolica» 107 (1956), II, p. 449 – 461; 561 – 572; III, p. 3 – 16.

My.Sal. = «Mysterium Salutis», a cura di J. FEINER – M. LÖHRER – F. V. JOANNES, 12 voll., Brescia, Ed.     Queriniana, [1973]2.

NDL   = «Nuovo dizionario di liturgia», a cura di D. SARTORE – A. TRIACCA, [Roma], Ed. Paoline, [1984]2, XXXVIII – 1667 p.

NDS   = «Nuovo dizionario di spiritualità», a cura di S. DE FIORES – T. GOFFI, [Roma], Ed. Paoline, [1989]5,     1772 p.

NDT = «Nuovo dizionario di teologia», a cura di G. BARBAGLIO – S. DIANICH, [Cinisello Balsamo], Ed. Paoline, [1991]6, XXVII – 1901 p.

PG     = «Patrologiae cursus completus. Series graeca», 163 voll., a cura di J. P. MIGNE e coll., Paris, 1857 – 1945.

PL     = «Patrologiae cursus completus. Series latina», 221 voll., a cura di J. P. MIGNE, Paris, 1879 – 1890.

Nota: Le citazioni in lingua italiana dei documenti magisteriali sono tratte dai volumi «Enchiridion Vaticanum…», a cura di E. LORA – G. TESTACCI, 13 voll., Bologna, Ed. Dehoniane, 1976 – ss.


 

INTRODUZIONE

É pertinente e che senso ha, oggi, l’argomentazione teologica sulla devozione al Cuore di Gesù?

Il declino della devozione al Sacro Cuore, verificatosi dalla seconda metà degli anni ’50 ai nostri giorni, fu interpretato dai teologi del tempo e dagli interventi magisteriali, quali l’enciclica Haurietis Aquas di Pio XII, come se fosse la ripercussione di forme deteriori assunte dalla devozione stessa, non sufficientemente nutrita dai principi dottrinali contenuti nel dato biblico, e nella tradizione patristica e dogmatica.

Questa analisi ha colto solo in parte i motivi della crisi della devozione la quale ha continuato la sua parabola discendente nonostante abbia avuto il supporto della rinnovata riflessione teologica successiva.

Il limite e l’errore metodologico di questa teologia è dato dal fatto che, in realtà, il senso di questa devozione non sembra possa essere definito attraverso una riflessione teoretica sul Sacro Cuore – come già la primissima la teologia del Sacro Cuore del XVIII e XIX secolo, pungolata inizialmente dalle critiche soprattutto giansenistiche, aveva cominciato a fare – teorizzando su quale fosse l’oggetto del culto al Sacro Cuore. Al contrario, il senso della devozione può essere colto ed identificato attraverso la considerazione delle sue radici storico – religiose: la devozione del Sacro Cuore nasce e si sviluppa nella Chiesa in un determinato periodo storico, proprio in quanto devozione, come prassi cultuale del popolo cristiano. É in tale prospettiva che la riflessione teologica, avrebbe dovuto e deve, oggi, accostarsi alla devozione del Sacro Cuore, portarne a chiarezza riflessa i contenuti, e quindi dare una valutazione pastorale.

Seguendo questa linea, obiettivamente pertinente, ed anzi privilegiata, come cercheremo di mostrare, ci proponiamo qui in primo luogo, di dare spiegazione e chiarimento della nozione stessa di «devozione», – che invece mancano per lo più nella letteratura teologica dedicata al Sacro Cuore, oppure, spesso non sono realizzati in maniera del tutto convincente laddove sono stati tentati. Seguirà un confronto con le due altre prospettive, i due altri orientamenti al mistero del Cuore di Cristo, che dalla devozione scaturiscono ed alla devozione non possono non far continuo riferimento: il culto liturgico e la spiritualità.     Proponendo una recensione critica – per quanto assai concisa – delle forme di fatto assunte dalla teologia del Sacro Cuore fino agli anni ’50, ci soffermeremo sull’originale apporto metodologico fornito alla teologia della devozione al Cuore di Gesù da Karl Rahner: egli apre la strada alla riflessione teologica in tre direzioni: tematizzando nel cuore – parola primordiale un simbolo particolarmente adatto ad introdurre ontologicamente ed antropologicamente il discorso più specifico sul Cuore di Gesù; richiamando l’urgenza di un approfondimento del linguaggio di questa devozione: il linguaggio simbolico; ed affermando che la riflessione e la valutazione del teologo sulla devozione al Sacro Cuore – così come su tutti gli altri aspetti storici e dinamici della Chiesa – debbano avere il carattere di un giudizio storico pratico. In seguito, verranno proposte alcune linee interpretative del senso che la devozione di fatto esprime nel quadro della vicenda del cattolicesimo dall’800 ai nostri giorni, e quindi gli orientamenti ed i compiti che la teologia odierna sulla devozione al Cuore di Cristo ha assunto. Tutto questo nell’intento di fornire alcuni apprezzamenti circa le ragioni dell’attualità ed inattualità della devozione stessa ed in quale linea essa può essere ancora feconda e fecondare la vita cristiana e gli orientamenti spirituali dei credenti, oggi.

Questo articolo vuol proporre nel suo insieme oltre ad una breve e sintetica lettura «teologica» di un’esperienza spirituale, quale la devozione al Sacro Cuore, anche il suo metodo di approccio. Naturalmente ciò comporta che da un lato per molti argomenti trattati non sarà possibile un adeguato approfondimento; d’altro canto, però, si potrà comprendere in una visione d’insieme tutte le problematiche inerenti alla teologia della devozione del Sacro Cuore. Questo non è di poco conto, poiché sovente ancor oggi molte opere teologiche su tale argomento sono frammentarie ed incomplete.

I. CULTO E SPIRITUALITÀ DELLA DEVOZIONE DEL SACRO CUORE

Il simbolo del Cuore di Gesù, prima di essere il tema di un approfondimento speculativo, è stato, sotto angolature diverse, oggetto di contemplazione, di adorazione, di celebrazione.

Tra le espressioni che abitualmente vengono usate per indicare il riferimento spirituale al mistero del Cuore di Cristo, troviamo sia «culto del Sacro Cuore» che «devozione al Sacro Cuore». La prima è privilegiata nei testi uffi­ciali e liturgici, la seconda, più comune, si riferisce in particolare a pratiche para liturgiche. Ad indicare poi il mistero del Costato trafitto, quale sorgente di vita spirituale, si può anche usare l’espressione «spiritualità del Cuore di Cristo». Se, ovviamente, il contenuto al quale queste espressioni si riferiscono è il medesimo, vale la pena soffermarsi sulle differenti prospettive che si aprono a colui che intende considerare il problema nel suo svolgi­mento storico e dottrinale.

É necessaria comunque una previa chiarificazione terminologica poiché generalmente, abbiamo da un lato un uso in­discriminato dei termini, specialmente culto e devozione, spesso impiegati come sinonimi; dall’altro un uso discriminante con cui ultimamente si preferisce spiritualità a devozione o culto, per il sapore un po’ pietistico che questi ultimi evocano.

Il termine culto può slittare verso il significato di devozione allorché si intende il culto privato, comprendendo sotto tale denominazione la devozione privata, o me­glio, le devozioni particolari ed i «pii esercizi», quali originali espressioni di preghiera comunitaria ed individuale [1] .

Di solito invece, parlando di culto del Sacro Cuore si intendiamo parlare del culto liturgico.

1.1 La devozione al Sacro Cuore

1.1.1 La devozione e una devozione

In senso forte la «devozione» [2] è un movimento, un impegno della personalità tutta intera orientata, rivolta verso un altro, e principalmente verso Dio. La definizione classica di devozione dice che essa è un atto della volontà di darsi prontamente a ciò che concerne il servizio di Dio [3] . L’uomo che si orienta a Dio è devoto e devoti devono essere tutti i suoi atti di religione per dirsi veramente tali. Devozione è, quindi, un atto, non un abitus: è la concretizzazione delle disposizioni di fondo, della interiorità, del sentimento religioso.

In più questa esperienza suscita una presa di coscienza a cui si pone da intermediario un «oggetto» che può essere interiore: un’immagine mentale, un’idea; o esteriore: un gesto, un’immagine, la formula di una preghiera, o ancora la giustapposizione dei due. Questo oggetto non è essenziale alla devozione, tuttavia è indispensabile. Esso permette di dire qualcosa di ciò che è stato vissuto e di parlarne a se stessi o agli altri.

La devozione vuole anzitutto rispondere alle necessità spirituali di una persona o di un gruppo di persone: senza essere assolutizzata, essa va considerata un mezzo spirituale per agevolare la propria vita cristiana. Le devozioni hanno una forza organizzatrice e sintetica della propria vita spirituale: non sono una somma di pratiche minuziose, una giustapposizione di slanci sporadici, bensì uno sforzo di sintesi di tutta la vita spirituale attorno ad un concetto centrale – che può essere un aspetto dottrinale o un atteggiamento spirituale -, abbastanza fecondo per arricchirla e completarla, e abbastanza concreto per non lasciarla svanire in sogni inconsistenti [4] .

A partire dal XVII secolo, si tende a parlare più spesso di «una devozione» o di «devozioni» al plurale ed identificarle con una di queste immagini o pratiche che permettono di disporre a fare l’esperienza della devozione, in senso forte, o di parlarne: dire il rosario, recitare una preghiera in quella o quell’altra maniera, o non importa quale esercizio spirituale. C’è stato dunque un moltiplicarsi di proposte e pie pratiche associate a delle immagini che si dicevano di devozione e che soprattutto per stampa si diffondevano in gran numero. Esse potevano essere per alcuni l’occasione di un’autentica esperienza spirituale e permettere la «devozione». Potevano però servire anche da pretesto per una pietà superficiale.

Le devozioni proponendo dei supporti esteriori (preghiere già redatte, gesti da fare, immagini da guardare) possono essere utilizzate ciascuno per se stesso o proposte ad altri per facilitare loro una esperienza di devozione nel senso forte del termine. Questa particolarità spiega perché, via via la parola devozione abbia assunto un senso largamente peggiorativo. Nella misura in cui un’immagine o una pratica di devozione fanno scattare in ognuno una diversa e particolare molla psicologica, una particolare devozione non può essere imposta a tutti. Quando ciò è stato fatto sono nati malintesi e gravi inconvenienti. La relazione fra devozione e pratiche devozionali, fra atteggiamento di fondo e forme concrete in cui si esprime non è una grandezza statica: essa possiede una notevole ampiezza di variazioni nella vita del singolo, e si può parlare di diversi contegni devozionali e diversi tipi di devozione fra soggetti o gruppi di soggetti contemporanei o di epoche differenti.

1.1.2 Dimensione affettiva

La devozione implica una particolare dimensione affettiva. La dominanza della nota affettiva nella «devozione» è intrinseca al concetto stesso di devozione: l’«affetto» esprime e insieme realizza l’istanza di «interiorità» nell’esperienza della fede.

Nella devozione al Sacro Cuore, i vettori dell’elemento affettivo sono lo stesso supporto immaginativo e simbolico capace di convogliare l’energia affettiva [5] ; l’origine storica della devozione come tale ed il suo collegamento ad esperienze spirituali: diversi autori, a tal proposito, insistono sul nesso storico esistente tra l’espandersi della devozione e la reazione verso la teologia e il moralismo del Giansenismo del XVII e XVIII secolo [6] . Lo stesso contenuto della devozione suggerisce e richiama l’aspetto affettivo. Inoltre, nell’esperienza spirituale dei contemplativi, soprattutto medievali, il desiderio di un’intimità cuore a cuore ha portato allo sviluppo ed intensificazione di un linguaggio affettivo: per esempio, uno dei «luoghi» preferiti dalla mistica medievale – sulla scia dell’esegesi patristica – sono stati i temi nuziali del Cantico dei Cantici. L’allegoria dell’amore tra Dio ed il Popolo eletto fu reinterpretata ed riferita all’amore tra Cristo e la sua Chiesa o all’unione mistica dell’anima con Dio. La meditazione e la preghiera su questi brani (soprattutto Ct 1,4.12; 2,5.14; 3,11; 4,9; 8,6), tra cui ve ne sono alcuni che specificamente menzionano il cuore dell’amante, quali: «tu mi hai rapito il cuore» (Ct 4,9), ecc., portano inevitabilmente alla contemplazione del cuore di Cristo come posto di ristoro e sorgente di amore e di grazie.

Questo linguaggio, estrapolato dal contesto in cui nasce ed usato tanto in preghiere e formule devozionali pubbliche quanto in quelle personali, non può che far sollevare delle riserve di carattere soprattutto pastorale, almeno a motivo di un possibile fraintendimento [7] . Ponendo mente al pericolo latente in cui può scivolare una devozione dall’aspetto af­fettivo così marcato, cioè il «sentimentalismo» – dovuto soprattutto al distacco della devozione dalla vita liturgica ecclesiale e dal rifiuto o dall’impoverimento dottrinale [8] -, la dimensione affettiva va qui percepita come una ricchezza umana e spirituale. Radicata nella sostanza della vita di fede, di speranza e di amore soprannaturale ed effettivo, tale carica affettiva può avere una funzione di equilibrio nei confronti della vita spirituale troppo intellettualizzata [9] . Ma c’è anche da dire che l’esagerato «sentimentalismo» non è realizzato quando il sentimento raggiunge una eccessiva intensità: non può mai essere eccessivo quanto alla sua intensità un sentimento che sia pertinente nella sua qualità. Piuttosto,     esso è realizzato quando il sentimento viene in qualche modo vissuto e perseguito come valore in sé, anziché come modalità del rapporto della coscienza con i valori che lo trascendono. Il sentimento ha una natura intenzionale; riferisce cioè l’uomo alla verità del reale in genere, e riferisce il credente alla verità di Dio. In tal senso il sentire è il momento imprescindibile del vero conoscere. Quando il sentimento sia riflessamente inteso e vissuto come «stato d’animo», come sentir-si, sentire che ha per oggetto se stessi, allora esso chiude l’uomo in una impossibile interiorità, anziché favorire la sua dedizione «interiore», la sua devozione nei confronti di Dio.

1.1.3. Religiosità popolare

La devozione al Sacro Cuore storicamente si è concretizzata in varie pratiche cultuali che partecipano alla mentalità della religiosità, della cultura e del sentimento popolare [10] . In particolare la devozione che si ricollega all’esperienza spirituale di santa Margherita Maria Alacoque si è molto radicata nella pietà popolare dei fedeli degli ultimi tre secoli.

Rimandando alle pagine seguenti una valutazione complessiva circa la devozione quale espressione di religiosità popolare nel suo ruolo storico ed attuale nel vissuto cristiano. Ci basta qui puntualizzarne le caratteristiche principali. Alla religiosità popolare, bisogna ricondurre, ad esempio, la scarsa attenzione per l’espressione estetica: le immagini convenzionali sono più accettate o, comunque, non creano difficoltà a chi le usa. Anche un atteggiamento in un certo modo utilitaristico appartiene a questo tipo di religiosità: si sente la necessità di ricollegarsi con particolari riti, semplici e para liturgici, al senso della sicurezza di ottenere la salvezza e di avere una protezione divina in tutte le circostanze della vita – vedi, per esempio, il modo errato di comprendere le promesse di santa Margherita Maria Alacoque.

Infine, la religiosità popolare si rifà non solo alla tradizione universale della Chiesa ma anche ad avvenimenti storici quali rivelazioni, vita dei mistici, apparizioni.

1.1.4 Origine e sviluppo della devozione

1.1.4.1 L’esperienza dei mistici

L’ affermazione precedente ci con­sente di passare logicamente ad individuare quali siano le radici di una devozione popolare, quale quella del Cuore di Gesù.

Diversi studi hanno evidenziato il ruolo dell’esperienza dei mistici nella nascita della devozione [11] . Tuttavia è difficile stabilire la natura di questo rapporto. Le rivelazioni private che avevano attirato l’attenzione sul Cuore di Cristo, rappresentano, secondo una tesi minimalista, solo un modo di puntualizzare legato ad occasioni contingenti, mentre secondo una tesi massima­lista si tratta di un elemento condizionante e necessario a tal punto da doversi affermare che nella devozione nulla è stato fatto al di fuori della mistica? L’ HA pondera queste posizioni e ne recepisce l’elemento più importante: l’esperienza dei mistici si ricollega al dato scritturistico, per cui la devozione non è solo conseguenza di rivelazioni private [12] .

Nel caso della devozione al Cuore di Gesù possiamo affermarne la piena fioritura nel XVII secolo e dire che essa si lega in gran parte alle rivelazioni di santa Margherita Maria Alacoque. Trattandosi di rivelazioni private ad esse va concessa quella forma di adesione dipendente dalle prove arrecate e dall’esercizio del proprio senso critico: un’adesione, tuttavia analoga a quella che si dà alle certezze morali, distinta da quella data all’evidenza scientifica. Per una valutazione teologica a riguardo sono indicativi la costatazione del fatto storico da parte della Chiesa e l’approvazione degli scritti della santa in quanto ciò che riguarda il contenuto esso non contiene nulla di contrario alla fede e alla morale [13] .

1.1.4.2 Una «devozione» al Sacro Cuore dal Medioevo al XVII secolo?

Dopo aver abbozzato un quadro storico della devozione al Sacro Cuore è possibile trarre due conclusioni: la prima, che soltanto dopo l’ordinamento liturgico della Festa del Sacro Cuore, compiuto da Pio XI, possiamo trovare in questa devozione una forma convenientemente sancibile in una festa e impegnativamente riconosciuta dalla Chiesa orante [14] ; la seconda, che questa forma si rifà cosciente­mente ai motivi fondamentali espressi dalla teologia del primo secolo sulla scorta esclusiva delle fonti bibliche [15] .

  C’è stato dunque un «mirabilis progressio» che non è da considerarsi, però, come un passaggio dall’implicito all’esplicito: ciò porta a conclusioni imprecise ed af­frettate, come, per esempio, l’affermare che nei primi se­coli del cristianesimo il concetto di Sacro Cuore di Gesù era sconosciuto; oppure qualificare il periodo preparatorio come l’aurora della devozione al Sacro cuore di Gesù [16] .

  Secondo quanto abbiamo cercato di esporre nelle pagine precedenti, possiamo cominciare a parlare di vera e propria devozione solo agli inizi del XVII secolo circa [17] . Ciò che ci è lecito cercare nei secoli anteriori al periodo in cui la devozione ha assunto una fisionomia e delle caratteristiche proprie quali sostanzialmente sono arrivate fino ai nostri giorni, non è tanto una devozione al Sacro Cuore ante litteram, quanto degli elementi – di carattere teologico, ascetico, ecc.- che via via hanno portato alla devozione al Sacro Cuore oppure in questa sono stati, in seguito, integrati [18] .

Tra questi elementi possiamo porre innanzitutto l’indirizzo sempre più chiaro della spiritualità e della pietà medievale verso il mistero di dolore e di amore della santa umanità di Cristo [19] : la figura del Cuore di Gesù nel Medioevo è fortemente improntata al mistero della Passione, anzi, da esso derivante. Tale considerazione è stata il fondamento di una vera e propria spiritualità del Cuore di Gesù attraverso le correnti di spirituali ed i grandi mistici ed autori che le rappresentano [20] . Tuttavia, se non possiamo parlare di una vera e propria devozione potremo definirla ed intenderla come un’attenzione amorosa e una dedizione     ed amicizia devota verso il cuore amante e ferito di Cristo vissuta soprattutto come spiritualità, come atteggiamento interiore dello spirito e del cuore. Più che come insieme di pratiche esteriori e rituali, possiamo intenderla come contemplazione di Gesù dal cuore ferito d’amore.

Nata benedettina [21] , l’ «attenzione» al cuore di Gesù diventa presto, per via autonoma, francescana [22] , ricevendo, a partire dal XIV secolo, un originale contributo dalla scuola domenicana [23] .

Fra il declino del Medioevo e l’alba dell’epoca moderna, dalla tradizione certosina vengono avanzate le prime proposte rituali e cultuali attraverso immagini e pii esercizi verso le piaghe del Signore e la ferita del Costato. Tuttavia siamo sulla linea fin ora «tradizionale» della devozione, cioè, ancora legata alla meditazione ed alla contemplazione del Crocifisso, delle sue cinque ferite e della più gloriosa di queste ferite, quella del costato.

1.1.4.3 Dal XVII al XIX secolo

Fin qui abbiamo parlato di una spiritualità, caratterizzata non ancora da un culto o da preghiere rituali, ma da una esperienza ed un afflato mistico, da un incontro umanamente sentito col mistero del Cristo evangelico. É estesa in regioni, famiglie religiose, centri spirituali sempre più vari, senza però diventare mai popolare.

Dagli inizi dell’epoca moderna, invece, assistiamo ad un vero e proprio passaggio sia verso una forma alquanto diffusa e popolare della devozione e sia verso una graduale assunzione nel culto pubblico e liturgico della Chiesa.     É in questo periodo che la devozione comincia ad esistere come tale, ad acquisire una fisionomia in parte autonoma dal riferimento ai misteri della Passione. Essa si esprime in pratiche proprie e passa dal campo, riservato a pochi, della contemplazione mistica a quello dell’ascetica proponendosi come mezzo di perfezione cristiana adatto a tutti i fedeli.

Tra i diversi sono gli autori spirituali di questo periodo menzione a parte meritano san Giovanni Eudes (1601 – 1680) e santa Margherita Maria Alacoque (1647 – 1690) [24] .

Nutritosi della spiritualità del cardinale de Berulle – dal 1623 al 1643, è stato un prete dell’Oratorio -, Giovanni Eudes tematizza teologicamente una visione particolare della devozione: il cuore è simbolo dei sentimenti dell’anima, e «Cuore di Gesù» significa più i sentimenti di Gesù, la sua interiorità [25] . Tre anni dopo, nel 1675, nel monastero della Visitazione di Paray – le – Monial, le rivelazioni mistiche della visitandina Margherita Maria Alacoque daranno alla devozione un determinante impulso alla propagazione e il senso ancora oggi inteso. Questa comprende un culto a Cristo mediante il segno del Cuore e un contenuto dottrinale incentrato sul cuore quale simbolo dell’amore. In particolare essa guarda alla ferita del cuore di Cristo quale simbolo dell’amore misericordioso, e sottolinea il collegamento fra il senso del peccato e la solidarietà dell’umanità nel Corpo mistico di Cristo, mettendo in rilievo la finalità della riparazione che si esprime attraverso pratiche particolari [26] .

Alla morte di Margherita Maria Alacoque, i 150 monasteri della Visitazione diventano altrettanti centri di diffusione, così come si fanno protagonisti di questa diffusione i Padri della Compagnia di Gesù – i cui missionari già nel 1585 eressero in Brasile la prima chiesa dedicata al Sacro Cuore.

Sorprendente è il diffondersi dalla fine del ‘600 di confraternite nelle più diverse chiese e diocesi: raggiungeranno le 1090 unità nel 1765.

Della crescente propagazione sono indizio alcune pubblicazioni tra cui il saggio del pastore puritano Thomas Goodwin (1600 – 1679), The Heart of Christ in Heaven towards Sinners on hearth, pubblicato a Londra nel 1651 – forse il primo nel suo genere – [27] ; e l’opera del gesuita polacco Gaspare Druzbicki (1586 – 1662) – Meta cordium Cor Jesu. Opera (…) publico proposita amori – pubblicata postuma nel 1683 [28] . É del tutto originale la destinazione popolare di queste e di altre opere che seguiranno.

  La diffusione della devozione, nel XVIII secolo, passa attraverso difficoltà ed opposizioni anche gerarchiche, dovute sia ad imprudenze di propagatori e sia a ostilità di giansenisti, i quali peraltro, nel primo secolo della loro storia non vi avevano trovato niente da eccepire [29] . Il clima polemico del periodo che va soprattutto dal 1729 – quando segnaliamo la prima reale opposizione – al 1781 – anno della celebrazione del Sinodo di Pistoia -, contribuirà a dare alla teologia della devozione una missione apologetica che conserverà anche in seguito. Comunque, il dibattito sorto diventò strumento di informazione per il grande pubblico dell’Europa del tempo, in particolare in Francia ed in Italia. La bolla di Pio VI Auctorem Fidei, del 1794 [30] , darà una prima risposta alle obiezioni gianseniste riguardanti più che altro l’oggetto proprio del culto: questo non è solo il cuore fisico, né solo l’amore, ma il cuore fisico come simbolo dell’amore. In Italia, in­tanto, sant’Alfonso Maria De’ Liguori (1696 – 1787) aveva già purificato da elementi troppo esteriori o ambigui la pratica della devozione, avvallandola con tutto il peso della sua calda e solida pietà popolare nella celebre Novena al Sacro Cuore, pubblicata nel 1758.

Mostrando dei tratti indubbiamente problematici, la devozione spesso trasborda in espressioni anche civili e politiche, fin da quando, a cavallo tra il XVIII ed il XIX secolo, superata la crisi rivoluzionaria, l’ondata della restaurazione portò con se anche tentativi di rivalsa che non esitarono a strumentalizzare la devozione ai fini legittimistici sia della politica francese sia della questione romana. La dimensione sociale del «Regno del Cuore di Gesù», verrà rivestita in alcuni contesti da un vero e proprio significato teocratico, velatamente percepibile persino in talune maniere di comprendere le consacrazioni di nazioni e popoli [31] .

É da ricordare, infine, la fondazione e propagazione di numerose congregazioni religiose che esplicitamente derivano nome e ispirazione dal Sacro Cuore: la prima intitolata al Sacro Cuore di Gesù, risale intorno al 1700 – 1712: sono le Suore del Sacro Cuore, di Ernemont. Mentre vi è un istituto intitolato al Cuore di Maria, le Agostiniane del Sacro Cuore di Maria, di Auxerre, fondato già nel 1668: questo fenomeno andrà aumentando sorprendentemente fino a toccare l’apice fra la seconda metà dell’800 e i primi decenni del ‘900 [32] .

1.1.4.4 Dal XIX al XX secolo.

Per completare la nostra panoramica storica, visitiamo quello che è stato definito «Il secolo del Sacro Cuore» [33] .

Tappe da evidenziare sono l’approvazione delle principali pratiche della devozione: nel 1875, Pio IX approva la formula generale di consacrazione di cui, il 25 maggio del 1899, Leone XIII, con l’enciclica Annum Sacrum [34] , ne sviluppa e ribadisce i tratti autentici come dottrina ufficiale della Chiesa. Insieme all’enciclica, Leone XIII approva come preghiera ufficiale liturgica le Litanie del Sacro Cuore, nella formula attualmente in uso.

A livello popolare le principali pratiche quali l’adorazione riparatrice, l’ora santa [35] , i primi venerdì del mese, le immagini e gli scapolari, la consacrazione ed i pellegrinaggi a celebri santuari diventano quanto mai comuni. Tra le iniziative salienti sono da ricordare la nascita, nel 1844, e la successiva rapida diffusione dell’«Apostolato della preghiera» [36] – associazione che aiuterà i fedeli a vivere la spiritualità del Sacro Cuore soprattutto nella sua dimensione riparatrice.

Quella del sacro Cuore di Gesù diventa così una delle colonne portanti della spiritualità dell’800, e tale continua ad esserlo fin quasi la prima metà del ‘900. Anche il XX secolo è caratterizzato dagli interventi del Magistero.     L’8 maggio 1928, Pio XI emana l’enciclica Miserentissimus Redemptor [37] , documento fondamentale sulle le due pratiche della riparazione e della consacrazione (quest’ultima già presente nella Annum Sacrum, di Leone XIII). Il 15 maggio 1956, viene pubblicata l’enciclica Haurietis Aquas di Pio XII sul culto al Cuore di Gesù [38] . Mantenendo una certa continuità con le due precedenti encicliche, l’Haurietis Aquas ricollega in modo fino allora originale la devozione popolare del Sacro Cuore di Gesù alle sorgenti classiche della pietà cristiana: la sacra Scrittura, la letteratura patristica, la liturgia.

1.1.4.5 Crisi della pratica devozionale e della teologia della devozione al Sacro Cuore

Fino all’ultimo dopoguerra, la devozione al Sacro Cuore permane diffusa a tappeto ed alimenta la vita cristiana quasi fosse una linfa essenziale. Poi qualcosa avviene, segnando il momento critico che ancora ci tocca: l’aspetto più appariscente della vicenda della devozione al Sacro Cuore nella storia recente del cattolicesimo è quello del suo rapido declino nella pratica diffusa. Questo declino, certo iniziato prima, si accompagnava all’esplicita e diffusa espressione di riserve ed obiezioni teologiche nei confronti della devozione stessa.

Nella prima metà del nostro secolo emergono nella vita della Chiesa e cominciano a diventare patrimonio comune il rinnovamento biblico, patristico e liturgico. La devozione al Cuore di Gesù, invece, soprattutto a livello popolare, si richiamava di continuo a rivelazioni private, aveva sviluppato tutta una sua «liturgia» parallela e privata fatta spesso di un’iconografia che rappresentava un Cristo dal volto sdolcinato e con il cuore in mano, preghiere redatte con un linguaggio emotivo e sentimentale, un dolorismo eccessivo sul piano ascetico, pratiche che sanno di superstizione o macchiate di egoismo spirituale [39] .

Di queste riserve e critiche, lo stesso Pio XII, nella Haurietis Aquas, constata la fondatezza [40] : nella lettera enciclica v’è un’interpretazione ed una risposta alle difficoltà diffuse ed articolate incontrate dalla devozione. Le diverse risposte fornite realizzano uno schema fondamentale costante: le difficoltà sollevate nei confronti della devozione, si dice, quando non siano del tutto pretestuose e da riferire alla contaminazione di pregiudizi estranei alla fede, colpiscono forme deteriori e marginali della devozione e non riguardano, invece, la sostanza.

Il compito pastorale conseguente è quello di promuovere il culto nella sua forma sostanziale e irrinunciabile, dichiarata nella sua genuina natura dalla rinnovata ricerca teologica. Quest’ultima darà alla devozione un solido fondamento positivo (biblico, patristico, tradizionale in genere) e speculativo, così come un più trasparente inserimento entro la forma fondamentale del culto cristiano, la liturgia [41] . L’ enciclica suggerisce dunque un maggior impegno da parte della teologia per un approfondimento dottrinale dei contenuti della devozione e del culto ed essa stessa ne fornisce un primo ed originale contributo. Di fatto né le prese di posizione dell’enciclica papale né la rinnovata teologia del Sacro Cuore sono riuscite ad arrestare il declino della devozione. Soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, all’approfondimento teologico,     che non è mancato – anzi ha continuato a fornire notevoli ed originali si apporti -, ha corrisposto un graduale deflusso della devozione livello pastorale e di religiosità vissuta.

Il divario crescente tra queste due tendenze ha provocato quel certo disagio di cui si è fatto interprete Paolo VI nelle due lettere apostoliche Investigabiles divitias Christi [42] e Diserti Interpretes [43] (entrambe del 1965). In questi scritti il pontefice riafferma la validità del culto al Cuore di Gesù così come viene proposto dalla Chiesa e mette in rilievo la sintonia che c’è tra il rinnovamento promosso dal Concilio Vaticano II e un culto al Cuore di Gesù che sia contemplazione dell’amore di Dio in Cristo e celebrazione di questo amore nella liturgia e nella vita.

La soluzione di questo apparente impasse impone una riflessione sul rapporto tra teologia e devozione, tra pensiero teologico e prassi cultuale. Innanzitutto va fatta una generale critica di metodo alla teologia del Sacro Cuore – largamente recepita anche nei documenti del magistero. La critica è questa: la teologia del Sacro Cuore ha assunto fin dagli inizi il carattere di un discorso cristologico sul Cuore di Gesù, anziché il carattere della riflessione sulle forme concrete della devozione che portava quel nome. In altre parole, il difetto della teologia del Sacro Cuore è proprio quello di essere «teologia del Sacro Cuore», e non, invece una «teologia della devozione al Sacro Cuore». Essa ha cioè cercato di offrire alla devozione immediatamente un fondamento metafisico e dogmatico, senza occuparsi preliminarmente di intenderne il senso attraverso l’ermeneutica delle pratiche effettive, nelle quali la devozione aveva preso corpo. Si deve riconoscere infatti che l’affermarsi di una devozione, il suo perdurare o il suo declinare, il suo incremento o illanguidimento, dipendono da fattori ulteriori rispetto alle dottrine. Una «devozione» è altra cosa dalla semplice realizzazione pratica di ciò che la teoria teologica prevede come conforme alla fede. Le devozioni non nascono dalla teologia, ma – come accennato – dall’esperienza pratica di fede di un personaggio carismatico (per esempio, di santa Margherita Maria Alacoque), oppure di un movimento spirituale (nel caso, soprattutto quello rappresentato dal rinato ordine gesuita). La teologia, intesa nella sua accezione più comprensiva di sapere critico a proposito della fede, ha certo un compito imprescindibile in rapporto alla «devozione», così come a proposito di tutte le esperienze e la prassi della vita di fede nelle sue molteplici espressioni spirituali, cultuali, individuali, comunitarie e sociali. Tal compito, però, non può ridursi a quello di comparare le affermazioni implicite o esplicite, che stanno a fondamento di una determinata «devozione», con le affermazioni della dottrina universale, onde verificarne la coerenza. In altre parole, la teologia ha il compito di portare a chiarezza riflessa il significato di una pratica cristiana, che non si esprime immediatamente mediante asserti teologici, e quindi di verificarne l’autenticità cristiana e la pertinenza storica in rapporto ad una determinata epoca. Il compito della teologia in rapporto alla «devozione» è, in altri termini, un compito fondamentalmente teologico – pratico, e non teologico – teorico [44] .

Detto questo, il discorso si scinde necessariamente in due parti: quella che riguarda la teologia della devozione al Sacro Cuore e quella che riguarda la devozione in quanto tale.

Sull’approfondimento teologico della devozione al Sacro Cuore, dalla «crisi» di una certa teologia agli orientamenti teologici attuali, dal discorso sul simbolismo ed altri problemi ed aspetti della devozione che si prestano ad una riflessione di carattere teologico, ci soffermeremo in seguito.

Sulla crisi, il declino della devozione al Sacro Cuore diremo che, per certi aspetti questa tendenza non stupisce poiché essa si inscrive nel più generale declino di tutte le «devozioni» nella pietà cristiana di questi ultimi decenni.

1.1.5 Crisi della devozione o crisi delle devozioni?

Ci si chiede se la devozione sia ancora attuale, se il culto del Sacro Cuore non risponda più ai bisogni della vita spirituale contemporanea, se possa avere ancora un significato in un’epoca caratterizzata da una società pluralistica e secolarizzata, da un ateismo diffuso, da una civiltà che promuove una cultura razionalista, tecnicista e pragmatista, che sembra minacciare alla radice una esperienza originariamente religiosa; un’epoca in cui il cristianesimo e la Chiesa non sono più entità ovvie nella vita pubblica della società [45] .

Il Concilio Vaticano II – alla cui opera è stato imputato alquanto superficialmente un tale trapasso – al contrario, registra questi «profondi e rapidi cambiamenti» i cui riflessi hanno interessato la vita della Chiesa e portato una crisi nella stessa natura della pietà cristiana tradizionale [46] . Tuttavia tali mutamenti, salva la necessità di un loro puntuale chiarimento, aiutano assai più ad intendere la crisi in genere della religiosità del ‘900, che la crisi propria della «devozione». Per intendere questa seconda crisi occorre­rebbe prima considerare la forma specifica della religiosità cattolica dell’800, entro la quale la devozione al Sacro Cuore, insieme ad altre forme simili di devozione, ha conosciuto la massima espansione a livello popolare. La pietà cattolica dell’800 non è descrivibile semplicemente in termini di religiosità «pre – moderna». Essa costituisce una risposta, certo provvisoria e per molti aspetti anche suscettibile di critica, della coscienza cattolica ai mutamenti civili moderni. É entro il quadro della rapida crisi del cattolicesimo dell’800, e più precisamente del cattolicesimo del «movimento cattolico» [47] , che occorre appunto iscrivere il declino della devozione al Sacro Cuore e quindi un’interpretazione teologico – pratica.

Lasciamo tra i compiti dell’attuale teologia pastorale la particolare analisi del fenomeno della pietà cattolica dell’800 e del suo declino. Tale studio darà una risposta al perché dell’espansione della devozione al Sacro Cuore e del suo regresso, ma anche, più in generale, alla possibilità ed alla opportunità di una «rivitalizzazione» delle devozioni e di altre forme ed espressioni della pietà popolare di un remoto e recente passato. Tuttavia è interessante fare un ultimo rilievo sull’argomento, una breve valutazione – appunto – che riassuma il valore ed il ruolo storico ed ecclesiale che la devozione al Sacro Cuore ha svolto fin quasi alle porte del Concilio Vaticano II.

1.1.5 Un’esperienza popolare di Dio

La devozione al Cuore di Gesù, così come si era strutturata nell’epoca post – tridentina, aveva reso un prezioso servizio in favore di una corretta immagine di Dio come Padre misericordioso, – quando forti correnti spirituali lo presentavano piuttosto nell’immagine distorta di un giudice inflessibile -; di un recupero del primato dell’amore, della familiarità dei sacramenti e dell’accoglienza gioiosa dei peccatori. Era questa una spiritualità semplice ed accessibile, capace di «convocare» anime consacrate e cristiani freddi, lontani e pecca­tori. La spinta risulta storicamente provvidenziale all’interno di una società in cui il cristianesimo ed il suo messaggio erano un’entità ovvia e, nel complesso, non contestata nella vita pubblica: il cristiano comune si trova nella Chiesa senza aver mai compiuto scelte personali; le strutture non avevano tanto la forza di aiutare a crescere, quanto di controllare l’appartenenza [48] . Il fervore prodotto dalla devozione al Sacro Cuore fece assumere alla vita cristiana dei reali progressi in gruppi di fedeli, sempre più numerosi, non più mossi da abitudine e superficialità.

Ciò è confortato dalla tendenza ancor più generale, iniziata già dall’alto Medioevo, del distacco del popolo cristiano dalla liturgia della Chiesa – soprattutto a causa della lingua – per cui quell’insieme di pratiche, semplici ed intuitive, incarnate ed espresse da questa devozione ha nutrito e quasi si è identificata con la religiosità cattolica popolare per più di due secoli. Inoltre, per tutto questo lasso di tempo, la vita della società civile e la vita della Chiesa avevano teso all’estraniamento arrivando a contrapposizioni laceranti [49] .

Ai nostri giorni, uno dei frutti del Vaticano II è senza meno quello di aver instaurato un diverso rapporto, più positivo, tra la Chiesa e il mondo contemporaneo. Le implicanze di ciò, sappiamo, sono enormi. Alcune di queste interessano la vita spirituale del cristiano e spingono ad un necessario mutamento di prospettiva anche la prassi devozionale del Cuore di Gesù e la stessa spiritualità riparatrice, in quanto sembrano invitare troppo semplicemente all’interiorità dell’anima devota e siano il risultato di un ormai superato clima fatto di reciproca estraneazione, incomunicabilità e conflittualità.

La liturgia quale fons e culmen della vita della Chiesa [50] definisce due movimenti: quello che va dal culto alla vita – visto che ogni vita cristiana ha sempre bisogno di attingere alle sorgenti sacramentali e liturgiche -; e dalla vita, con la complessità delle situazioni concrete, al culto [51] . É quindi un movimento dinamico, vitale. Il cristiano di ogni tempo si pone alla ricerca di una spiritualità che risponda al travaglio del mondo in cui vive. In questo senso la spiritualità della devozione del Cuore di Gesù richiede un rinnovamento, poiché, come tutto ciò che è vivente non è immutabile, deve necessariamente incarnarsi nelle forme culturali della sua epoca.

Se le pratiche di pietà di una «devozione» appartenente ad una la sensibilità ormai desueta hanno fatto il loro corso, in realtà, la devozione al Sacro Cuore intesa come rapporto del fedele verso il mistero Cuore di Cristo rimane sempre feconda e capace di suscitare nuove percezioni. Ciò si potrà rilevare indirizzando l’attenzione alle altre due angolature dalle quali considerare questa devozione: il culto liturgico e la spiritualità.

1.2 Il culto al Sacro Cuore

Il culto al Sacro Cuore non è che la traduzione e comprensione liturgica ufficiale della devozione e della spiritualità del Cuore di Cristo vissute dal popolo di Dio. É importante sottolineare che il senso attuale del culto non sarebbe inteso corretta­mente se separato dall’esperienza spirituale da cui ha preso origine ed in cui vi è dischiuso il suo significato profondo.

Anche l’origine del culto liturgico al Sacro Cuore può essere allacciata alle feste in cui il Cuore di Gesù è venerato con indiviso riferimento al mistero della passione e delle piaghe, e cioè, quelle     della Santa Lancia e delle Cinque piaghe, celebrate rispettivamente fin dal 1353 e dal 1400 [52] . L’attenzione cultuale e programmatica verso il Cuore di Gesù diven­terà esplicita e teologicamente coltivata nelle tre istituzioni religiose fondate da san Gio­vanni Eudes e di coloro che diffusero il messaggio di santa Margherita Maria Alacoque. Nel 1765 venne concessa da Clemente XIII all’episcopato della Polonia ed all’Arciconfraternita romana del Sacro Cuore (fondata nel 1729) [53] la facoltà di celebrare, con messa e ufficio propri, la festa liturgica del Cuore di Gesù, estesa da Pio IX, nel 1856, a tutta la Chiesa.

Questo iter, necessario per dare alla devozione e festa del Sacro Cuore l’ufficialità ed il valore universale della celebrazione liturgica della Chiesa, ma eccessivamente enfatizzato, è stato alla base di un impoverimento della comprensione teologica del culto del Sacro Cuore. La diatriba sviluppatasi circa l’oggetto del culto del Cuore di Gesù – su cui ci soffermeremo in seguito – prenderà le mosse proprio dall’approvazione ufficiale ed il riconoscimento liturgico della devozione e quindi del culto al Sacro Cuore. Discutendo sull’oggetto del culto e sulla plausibilità dell’adorazione del Cuore [54] si è arrivati, nei con­tenuti, a parlare di celebrazione di un’idea piuttosto che di un evento di salvezza e, conseguentemente, di uno scadimento o condizionamento della liturgia agli esercizi di devozione [55] . In questo modo, il culto al Cuore di Cristo, ridotto a «rito approvato», e il cui oggetto formale è il cuore fisico, simbolo dell’amore, o l’amore simbolizzato dal cuore, si risolverebbe, in un impoverimento della nozione stessa di liturgia, in una parcellizzazione ed intellettualizzazione del mistero di Cristo e di una mancanza di aggancio con la vita.

1.3 La spiritualità del Sacro Cuore

La devozione, in quanto tende all’unificazione della vita spirituale, si avvicina all’ accezione di spiritualità. Con questa parola è da intendersi soprattutto l’aspetto interiore della vita spirituale. Si passa dal concetto di devozione a quello di spiritualità quando si considera la prima all’interno di un progetto di vita spirituale personale la quale tende alla pienezza della realizzazione della fede vissuta. Da questo punto di vista non tutte le devozioni possono assurgere a rango si spiritualità, ma solo quelle il cui contenuto centrale è abbastanza centrale e ricco. Il tal modo possiamo chiamare «spiritualità particolare» la forma assunta dalla vita cristiana nella misura in cui si rifà non alle pratiche cultuali ed esteriori, ma a un particolare dinamismo interiore di conoscenza e di adesione. La spiritualità del Cuore di Cristo, con il significato profondo che essa esprime (l’amore di Dio) e col supporto concreto ed immaginativo a cui fa riferimento (ad esempio, la scena giovannea del costato trafitto) possiede ed esprime tutte le direttrici del dinamismo spirituale, quali l’elevazione e il movimento di approfondimento ed interiorizzazione; la coscienza di una presenza viva di Dio in noi e di noi in Dio, attraverso la preghiera e la contemplazione che portano alla partecipazione alla vita e ai doni dello Spirito [56] .

 1.4 Celebrazione dei misteri e del Mistero della salvezza

Come nel culto liturgico, così nel sorgere della devozione e della spiritualità parti­colare v’è la focalizzazione di un aspetto della fede. Tuttavia l’intenzione spirituale e l’adesione dell’atto di fede non si fermano all’aspetto particolare: attraverso di esso si riferiscono alla totalità del Mistero al quale ogni credente aderisce nella Chiesa. La devozione, e il culto liturgico del Sacro Cuore si soffermano su uno di questi mo­menti particolari della storia della salvezza, la celebrazione di uno dei «misteria carnis», ritenuti privilegiati in virtù della loro ricchezza di contenuto, quali, ad esempio, quello della trafittura del costato di Cristo.

Ma è possibile capovolgere la prospettiva. Affermando che il culto liturgico è la celebrazione in cui Cristo associa a sé il suo corpo che è la Chiesa, offrendo al Padre la lode perfetta nel rinnovare l’attuarsi del gran­de Mistero della salvezza, il mistero della nostra Pasqua in lui [57] , il Concilio Vaticano II ha voluto indirizzare «l’animo dei fedeli prima di tutto verso le feste del Signore» [58] e sottolineare che fulcro del culto della Chiesa è appunto il mistero centrale del cristianesimo, il Mistero pasquale. Questa è la sorte anche delle devozioni: quanto più una devozione esprimerà il mistero essenziale di Cristo, il Mistero pasquale, vivrà di questo e in questo mistero, tanto più si potrà affermare nella liturgia ed al di fuori di essa. Fra queste devozioni è da annoverare senza meno quella del Sacro Cuore. Anzi si può a buon diritto sollevare l’interrogativo se questa sia considerabile come una fra le altre devozioni [59] , dicendo essa il rapporto diretto col fondo stesso del cristianesimo quale fede in Gesù Cristo, che ci rivela in sé l’amore della Trinità, e contemplazione dell’amore incarnato, che ha il suo luogo primo nel Mistero pasquale [60] .


INDICE

II.   SIGLE ED ABBREVIAZIONI

III.  BIBLIOGRAFIA

INTRODUZIONE

CAPITOLO I . CULTO E SPIRITUALITÀ DEL SACRO CUORE

1.1         La devozione al Sacro Cuore.

1.1.1       La devozione e una devozione.

1.1.2       Dimensione affettiva.

1.1.3.     Religiosità popolare.

1.1.4       Origine e sviluppo della devozione.

1.1.4.1     L’esperienza dei mistici.

1.1.4.2     Una «devozione» al Sacro Cuore dal Medioevo al XVII secolo?

1.1.4.3     Dal XVII al XIX secolo.

1.1.4.4     Dal XIX al XX secolo.

1.1.4.5     Crisi della pratica devozionale e della teologia della devozione al Sacro Cuore.

1.1.5       Crisi della devozione o crisi delle devozioni?

1.1.5       Un’esperienza popolare di Dio.

1.2         Il culto al Sacro Cuore.

1.2.1       Origine e sviluppo del culto.

1.3         La spiritualità del Sacro Cuore.

1.4         Celebrazione dei misteri e del Mistero della salvezza.

CAPITOLO II.  SVILUPPI STORICI TEOLOGIA DEL SACRO CUORE

2.1         Storia della teologia della devozione al Sacro Cuore.

2.1.1       Fondare il culto su una base filosofico scientifica?

2.1.2       L’oggetto del culto.

2.1.3       «Cor ethicum».

2.1.4       L’enciclica «Haurietis Haquas»

2.2         Il contributo metodologico di Karl Rahner.

2.2.1       Urwort e ursymbol.

2.2.2       Il Cuore di Cristo.

2.2.3       Il Cuore di Cristo significato del     cuore dell’uomo.

2.2.4       L’«esperienza del Cuore di Cristo»come esperienza di grazia.

CAPITOLO III. CONTRIBUTI ATTUALI DELLA TEOLOGIA DEL SACRO CUORE

3.1 Simbolo: evento di rivelazione del Mistero.

3.1.1 Segno e/o simbolo.

3.1.2 Simbolo religioso.

3.1.3 Quale simbolo del Cuore di Cristo?

3.1.4 Il simbolismo naturale ed il senso metaforico.

3.2.1 «Dio è amore».

3.2.1.1 Il Dio dell’alleanza.

3.2.1.2 Il nuovo volto di Dio.

3.2.2 Centro intimo della persona.

3.2.2.1 Le «pene intime» del Cuore di Gesù.

3.2.2.2 «…ha amato con cuore d’uomo».

3.2.3 «Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza» (Is 12, 3).

CONCLUSIONE


CAPITOLO I. CULTO E SPIRITUALITA’ DEL SACRO CUORE

CAPITOLO II. SVILUPPI STORICI TEOLOGIA DEL SACRO CUORE

CAPITOLO III. CONTRIBUTI ATTUALI DELLA TEOLOGIA DEL SACRO   CUORE

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Note al capitolo I

[1] SC 13.

[2] Cf J. W. CURRAN, Dévotion (fondament théologique), DSAM, III, (1957), p. 715 – 727; A. DEMOUSTIER, La dévotion, le sacré et le coeur, «Christus» 35 (1988), p. 350 – 351; R. MORETTI, Devozione, DES, I, p. 549 – 554;

[3] Cf Summa Theologiae, II – II, 82, 1.

[4] Cf C. FLACHAIRE, Dévotions, DSAM, III, (1957), p. 749.

[5] Cf C. A. BERNARD, Teologia simbolica, [Cinisello Balsamo], Ed. Paoline, [1978], p. 347 – 365 (Prospettive teologiche, 2).

[6] La questione, in realtà, è assai più complessa di quanto si ritiene di solito dai più: tuttavia, con ciò, non si vuol negare la funzione provvidenziale del messaggio di santa Margherita Maria Alacoque come antidoto alla freddezza ed al rigorismo dei giansenisti, né la connaturale avversione di questi ad accettare il messaggio di amore e di misericordia di questa devozione.

[7] R. GUTZWILLER, Difficoltà, in: AA. VV., Cor Salvatoris, Guida alla devozione al Cuore di Gesù, a cura di J. STIERLI, [Brescia], Ed. Morcelliana, 1956, p. 15 – 17; J. JUNGMANN, The Good News yesterday and today, New York, Ed. W. H. Sadlier, 1962, p. 147 – 148; K. RAHNER, Alcune tesi per una teologia del Sacro Cuore, in: AA. VV., Cor Salvatoris, p. 151.

[8] Per questo, più che nella sostanza, l’attenzione deve fissarsi sulle condizioni storiche ed immaginative che le hanno dato origine.

[9] Occorre riconoscere il rischio implicito nel prospettare l’istanza affettiva, quale sentimento, in alternativa a quella della «scienza»; e, più in generale, nel contrapporre il «sentire» al «sapere». Tale contrapposizione ha origine da una comprensione dei diversi momenti della vita dello spirito quasi fossero «assoluti», e cioè sciolti e capaci di sussistere autonomamente. Per quanto riguarda il ruolo dell’istanza affettiva nella vita spirituale cf C. A. BERNARD, Teologia affettiva, [Cinisello Balsamo], Ed. Paoline, [1985], 445 p. (Prospettive teologiche, 6); J. RATZINGER, La devozione al Cuore di Gesù, Casale M., Ed. Piemme, 1986, 32 p.; e V. MARCOZZI, Il Cuore di Gesù simbolo e segno di amore divino, Roma, Ed Apostolato della Preghiera, 1986; H. D. VON HILDEBRAND, The Sacred Heart. An analysis of human and divine affectivity, Baltimore – Dublin, Ed. Helicon, 1965; G. LANGEMEYER, Cuore, «Lessico di teologia sistematica», a cura di W. BEINERT – G. FRANCESCONI, [Brescia], Ed. Queriniana, [1990], p. 164 – 165.

[10] Cf anche per un prontuario bibliografico D. PIZZUTI – P. GIANNONI, Religiosità popolare, NDT, p. 1262 – 1271; D. PIZZUTI – P. GIANNONI, Fede popolare, Torino, Ed. Marietti, 1979; A. N. TERRIN – J. CASTELLANO, Religiosità popolare e liturgia, NDL, p. 1168 – 1187.

[11] Cf F. DEGLI ESPOSTI, La teologia del Sacro Cuore di Gesù da Leone XIII a Pio XI, Roma, Ed. Herder, 1967, p. 226 – 235, (Analecta Theologica de cultu SS. Cordis Jesu, 2).

[12] Cf HA 61 – 62.

[13] Sul tema cf G. MUCCI, Il discernimento delle rivelazioni private, «Cv.C.», 141 (1990), I, p. 118 – 126 e G. MUCCI, La rilevanza teologica delle rivelazioni private, «Cv.C.», 141 (1990) II, p. 428 – 434.

[14] Si tratta del formulario «Cogitationes» promulgato nel 1929. Cf M. AUGE’, le feste del Signore, della Madre di Dio e dei Santi, in AA. VV., L’Anno liturgico. Storia, teologia e celebrazione, a cura del PONT. IST. LITURGICO «S. ANSELMO», [Genova], Ed. Marietti, [1992]3, p. 226 – 227, (Anamnesis, 6).

[15] H. RAHNER, Gli inizi della devozione al Sacro Cuore di Gesù nell’età patristica, in Cor Salvatoris, p. 51 – 52.

[16] Per una piccola galleria di questi giudizi cf H. RAHNER, Gli inizi della devozione…, in Cor salvatoris, p. 51.

[17] Questa affermazione ha bisogno di essere sfumata – lo vedremo in seguito -: qui la utilizziamo come un semplice punto di riferimento.

[18] Cf W. KERN, Devotion to the Lord’s Heart: Past, Present and Future, «Review for religiouses» 46 (1987), p. 445.

[19] Cf J. HOURLIER, Humanitè du Christ (Devotion et contemplation). II. Chez les spirituels medievaux, DSAM, VII, (1969), p. 1053 – 1063; A. RAYEZ, Humanitè du Christ. (Devotion et contemplation). III. Age d’or de la Dèvotion Mèdievale (14e – 15e siecles), DSAM, VII, (1969), p. 1063 – 1096.

[20] Per l’argomento cf J. STIERLI, La devozione al Sacro Cuore di Gesù dalla fine dell’età patristica a santa Maria Margherita Alacoque, in Cor Salvatoris, p. 71 – 120.

[21] Cf Cf J. LECLERQ, Le Sacré Coeur dans la Tradition Benèdectine au Moyen-Age, in Cor Jesu, II, p. 3 – 28; C. VAGAGGINI, La devotion au Sacré Coeur chez Sainte Mechtilde et Sainte Gertude, in Cor Jesu, II, p. 31 – 48.

[22] Cf L. DI FONZO – G. COLASANTI, Il culto del Sacro Cuore di Gesù negli Ordini Francescani, in Cor Jesu, II, p. 99 – 137.

[23] Cf A. WALZ, Dominikanische Herz-Jesu auffassung, in Cor Jesu, II, p. 51 – 95.

[24] É interessante l’articolo di E. GLOTIN, Jean Paul II à Paray-le- Monial ou pouquoi le “Coeur”?, «Nouvelle Revue Theologique», 108 (1986) p. 685 – 714: in esso la dottrina spirituale dei due santi viene vista armonizzata ed unita sullo sfondo di quella spiritualità berulliana da cui, per certi aspetti, dipendono.

[25] Cf A. HAMON, Coeur (Sacré), DSAM, II, 1953, p. 1032 – 1033; cf anche AA. VV., Le Coeur du Seigneur. Etudes sur les écrits et l’influence de saint Jean Eudes…, Paris, Ed. La Colombe, 155; J. LE BRUN, La fête du Coeur de Jesus et l’actualité de son temps, «Vie Eudiste» 3 (1972), p. 36 – 48; R. PRUDENCIO, Saint Jean Eudes et l’origine du culte du Sacre-Coeur, «Vie Spirituelle» 141 (1987) p. 292 – 300.

[26] Cf M. M. ALACOQUE, Autobiografia, a cura di L. FILOSOMI, Roma, Ed. A.d.P., 1983; M. M. ALACOQUE, Scritti autobiografici, a cura di L. FILOSOMI, Roma, Ed. A.d.P., 1986; M. M. ALACOQUE, Scritti spirituali, a cura di L. FILOSOMI, Roma, Ed. A.d.P., 1988; F. L. GAUTHEY, Vita e       opere di santa Marguerita Maria Alacoque, 5 voll., Roma, Ed. Centro Volontari della Sofferenza, 1985; E. GLOTIN, La «Passione di Dio per l’uomo» nell’esperienza spirituale si Santa Margherita M. Alacoque, «Cv.C.»143 (1992) II, p. 438 – 448; J. LADAME, I fatti di Paray-le-Monial, Andria – Napoli, Ed. Dehoniane, 1978, 240 p.; J. LADAME, Margherita Maria Alacoque, Andria – Napoli, Ed. Dehoniane, 1982, p. 384; J. LE BRUN, Marguerite-Marie Alacoque (sainte), DSAM, X (1980), p. 349 – 354; G. N. ZORE’, S. Margherita Maria Alacoque alla luce dell’Enciclica «Haurietis aquas», in AA. VV., Cor Jesu…,II, p. 189 – 231.

[27] B. GENERO, Il cammino di una esperienza popolare di Dio, «Presbyteri», 16 (1982), p. 331.

[28] A. HAMON, Histoire de la devotion au Sacré-Coeur, Parigi, Ed. Beauchesne,       1923 – 1940, III, p. 54.

[29] Cf B. MATTEUCCI, Il Sinodo di Pistoia e il culto del Ss. Cuore di Gesù. (Storia dei decreti sul culto del Ss. Cuore), in Cor Jesu…, II, p. 233 – 262. Per un approfondimento cf P. COGNET, Les Jansenistes et le Sacre-Coeur, in AA. VV., Le Coeur. Etudes Carmélitaines mystiques et missionnaires, Bruges – Parigi, Ed. Desclèe De Brower, 1950, p. 234 – 253; L. CEYSSENS, Paray-le-Monial et le Jansenisme, «Revue d’Histoire Ecclesiastique» 62 (1967), p. 49 – 69; J. NOUWENS, Le Sacre-Coeur et le Jansenisme, in AA. VV., Nuove ricerche storiche sul Giansenismo, Roma, Ed. P.U.G., 1954, p. 59 – 72, (Analecta Gregoriana, 71).

[30] DS, nn. 2600 – 2700, p. 517 – 544; ed in particolare i nn. 2662 – 2663, p. 535 – 536.

[31] C’è da notare che tali inflessioni politiche della devozione al Sacro Cuore sono molteplici e differiscono da periodo a periodo. Esse vanno prese non come un fenomeno a se stante ma come facenti parte di particolari concezioni delle valenze sociali del cristianesimo proprie di ogni epoca, e in tale contesto vanno studiate. Cf HAMON, Coeur (Sacré), p. 1039 – 1042; A. BONALD, Royaume de Dieu…, DSAM, XIII (1988), p. 1083 – 1089; J. LE BRUN, Politica e spiritualità: la devozione al Sacro Cuore nell’epoca moderna, «Concilium» 9 (1971), p. 41 – 57; P. VALLIN, Le Sacrè – Coeur dans la culture politique francaise, «Christus» 35 (1988), p. 362 – 372.

[32] Cf P. NAPOLETANO, Sacri Cuori, Sacro Cuore di Gesù, Sacro Cuore di Maria, DIP, VIII, (1988), p. 265; P. NAPOLETANO, Il “Sacro Cuore” nella denominazione degli istituti religiosi. Influsso di una spiritualità, «Claretianum» 23 (1983), p. 1 – 117.

[33] Per un approfondimento sullo sviluppo della devozione al Sacro Cuore, in questo periodo, soprattutto per quanto riguarda l’ Italia cf l’ottimo ed esaustivo «affresco» di Annibale ZAMBARBIERI, Per la storia della devozione al Sacro Cuore in Italia tra ‘800 e ‘900, «Rivista di Storia della Chiesa in Italia» 41 (1987) p. 361 – 432; ed anche A. GAMBASIN, Italie. Pèriode contemporaine. Orientations spirituelles. 5. Cristocentrisme, DSAM, VII, (1970), p. 2303 – 2311; NAPOLETANO, Il “Sacro Cuore”…, p. 17 – 24; 54 – 67.

[34] ASS 31 (1898/1899), p. 646 – 652.

[35] La connessione della devozione al Cuore di Gesù con la spiritualità eucaristica è una costante. Storicamente la devozione attuale si può dire che sia nata e si sia sviluppata nell’ambito della spiritualità eucaristica, anche se questo accostamento è stato travisato con degli eccessi e concezioni erronee (cf A. DE BONHOME, Devotions prohibees, DSAM, III, (1961), p. 778 – 795). La motivazione teologica è data del fatto che la devozione al Cuore di Gesù ed il sacramento dell’eucaristia si richiamano reciprocamente. Se nel simbolo Cuore di Cristo possiamo cogliere la manifestazione suprema del amore di Dio verso l’uomo, l’Eucaristia è il segno sacramentale di questo disegno di Dio che si compie nel sacrificio del Figlio. Cf per l’argomento A. BARBA, Al vertice dell’amore. Pagine storico dottrinali sulla devozione al Cuore Eucaristico di Gesù, Pagani (Caserta), Ed. Ass. «Cuore Eucaristico di Gesù», 1971; A. BARBA – L. CIAPPI, Esposizione dommatica del culto del Cuore Eucaristico di Gesù, Napoli 1976; E. BERTAUD, Eucharistie. III Dévotion eucharistique, DSAM, IV,(1961), p. 1632 – 1633; R. BROUILLARD, Coeur eucharistique de Jésus, «Catholicisme…», II, a cura di G. JACQUEMET, Paris, Ed. Letouzey et Anè, [1949], P. 1281 – 1282; P. FAURE, Eucharistie et culte du Coeur du Christ, «Christus» 35 (1988), p. 394 – 400; J. GALOT, Le Coeur eucharistique, Paris, Ed. Téqui, 1985, 148 p.; M. GARENAUX, La devotion au Coeur eucharistique de Jesus, Roma, Ed. Revue du Coeur Eucharistique, 1907; M. GAIDON, Al sole di Dio… , Milano, Ed. Ancora, 1986, 164 p.; L. GARRIQUET, Eucharistie et Sacré-Coeur. Etude comparative de theologie et d’histoire sur les deux dévotions, Paris, Ed. Téqui, 1925; B. DE MARGERIE, Le Christ pour le monde. Le Coeur de l’Agneau, Paris, Ed. Beauchesne, 1971, 464 p.; L. PENZO, Cuore di Gesù. II. Culto al Cuore eucaristico di Gesù, «Enciclopedia Cattolica», IV, [1950], p. 1063 – 1064; A. RAYEZ – A. DE BONHOME, Eucharistique (Coeur), DSAM, IV, 1961, p. 1648 – 1653.

[36] Cf P. H. KOLVENBACH, Evolution historique de l’Apostolat de la Prière, «Prière et Servir» 5 (1985), p. 263 – 280.

[37] AAS 20 (1928), p. 165 – 187.

[38] AAS 48 (1956), p. 309 – 353; Per un approfondimento ed un commento alle tre encicliche cf J. A. DE ALDAMA, Tres encìclicas pontificias sobre el culto al Sagrado Corazòn. Su obiecto y su caracter, in Cor Jesu…, I, p. 1 – 20. Per commenti e studi sull’enciclica «Haurietis aquas», oltre ai testi riportati in bibliografia, cf R. TUCCI, Storia della letteratura relativa al culto del S. Cuore di Gesù dalla fine del secolo XVII ai nostri giorni. Saggio storico bibliografico, in Cor Jesu, p. 633 – 634.

[39] Per una carrellata di queste difficoltà dovute ad immagini ed improprietà di linguaggio, scaturite e legate al mondo della religiosità popolare cf GUTZWILLER, Difficoltà, p. 11 – 26.

[40] HA 4 – 9.

[41] HA 13.

[42] PAOLO VI, Investigabiles Divitias, AAS 57 (1965), p. 299 – 300.

[43] Il testo della lettera apostolica indirizzata ad alcuni Superiori di Istituti religiosi, del 25 maggio 1965, può reperirsi in F. MARIETTI, Il Cuore di Gesù. Culto, devozione, spiritualità, Milano, Ed. Ancora, [1991], p. 241 – 244, (Piccola Biblioteca di Scienza Religiose, 15).

[44] Cf G. ANGELINI, La devozione al Sacro Cuore. Saggio di riflessione teologico-pratica, «Teologia» 13 (1988), p. 49.

[45] Cf F. CUTTAZ, Le vrai culte du Sacré Coeur, Paris, Ed. D’Halluin, 1967, p. 112 – 127; F. DEGLI ESPOSTI, La teologia del Sacro Cuore…, p. 181 – 184; I. SANNA, Sacro Cuore di Gesù, NDS, p. 1345 – 1346; G. N. ZORE’, Il culto al Sacro Cuore nelle prospettiva del Concilio Vaticano II, «Vita Religiosa» 6 (1970), p. 672; G. N. ZORE’, Recentiorum quaestionum de cultu SS. Cordis Jesu conspectus, «Gregorianum» (1956), p. 104 – 120.

[46] Il Concilio stesso mentre afferma che «la vita spirituale non si esaurisce nella sola sacra liturgia», e che, anzi, il cristiano deve «…secondo l’insegnamento dell’Apostolo pregare incessantemente» (SC 12), raccomanda grandemente i pii esercizi del popolo cristiano (SC 13). Questa è la prima ed autentica applicazione della dottrina del Concilio Vaticano II alla devozione ed al culto del Sacro Cuore. Cf ZORE’, Il culto al Sacro Cuore nelle prospettiva del Concilio Vaticano II, p. 673 – 676; E. RAVAGNANI, Cause della crisi della devozione al Cuore di Gesù…, «Il Messaggio del Cuore di Gesù» 10 (1987) p. 311 – 312; ed anche G. LERCARO, Il sacro Cuore e il rinnovamento liturgico, Vicenza, Ed. Favero, 1966.

[47] É interessante, a tal proposito lo studio di Silvio TRAMONTIN, Movimento cattolico e devozione al Cuore di Cristo, «Studia Patavina» 35 (1988) 1, p. 37 – 50.

[48] D’altro canto si spiega perchè, nel XVII secolo, il programma di san Giovanni Eudes, di santa Margherita Maria Alacoque e fu quello di ottenere il riconoscimento anche liturgico delle cerimonie in prospettiva diffusione sempre più estesa. Nell’epoca moderna, nel tornante della storia che vede la cristianità divisa dal protestantesimo, l’adesione ad una «chiesa» diviene un atto pubblico: in tali condizioni le manifestazioni pubbliche di una devozione assumono un’importanza capitale: la liturgia diventa un mezzo privilegiato di diffusione di una devozione, nonchè di larga partecipazione di popolo e di controllo ecclesiastico. Cf J. LE BRUN, Politica e spiritualità…, p. 43.

[49] Cf A. CAVAGNA, Il Cuore di Cristo e l’apostolato sociale, in AA. VV., La spiritualità del Cuore di Cristo, a cura di G. MANZONI, Bologna, Ed. Dehoniane, [1990], p. 187, (Teologia via, 5); GENERO, Il cammino di una esperienza popolare di Dio, p. 335 – 337.

[50] SC 10.

[51] Cf C. A. BERNARD, La spiritualità del cuore di Cristo: culto – devozione – spiritualità, in La spiritualità del Cuore di Cristo, p. 39 – 41.

[52] J. STIERLI, Gli sviluppi della devozione al Sacro Cuore di Gesù nell’età moderna, in Cor Salvatoris, p. 118 – 119.

[53] Cf AA. VV., Storiografia e archivi delle Confraternite romane, a cura di L. FIORANI, Roma 1985, p. 109 – 175 (Ricerche per la storia religiosa di Roma, 6); A. LANCIA, L’Arciconfraternita del Sacro Cuore in Roma nel Settecento, «Rivista di storia della Chiesa in Italia» 39 (1985) p. 509 – 517; V. PAGLIA, Contributo allo studio delle Confraternite romane nei sec. XV – XVI, «Ricerche di storia e religione» n.s. 9 (1980), p. 233 – 286.

[54] La giustificazione è da ricercarsi nel culto reso alle immagini che non riguarda l’immagine stessa, ma ciò che significa, cioè il Dio incarnato. Tuttavia il Cuore è adorabile perchè, in quanto parte del suo corpo, è unito ipostaticamente alla Persona del Verbo. Il «simbolismo» del «cuore» è privilegiato rispetto a tutte le altre membra dell’adorazione cristiana, le quali, di per sé, meriterebbero tutte un culto di latrìa, dato il suo valore espressivo che lo rende particolarmente adatto a simboleggiare l’amore infinito di Dio (Cf HA, p. 317 – 318).

[55] Cf A. BARITUSSIO, Il simbolo del Cuore di Cristo in “Haurietis aquas” e in “Dives in misericordia”. Evento di rivelazione, Roma, Ed. Pont. Univ. Gregoriana, 1990, p. 54.

[56] Cf C. A. BERNARD, La spiritualità del Cuore di Cristo, [Cinisello Balsamo], Ed. Paoline, [1989], p. 22 – 25, (Spiritualità, 4); BARITUSSIO, Il simbolo del Cuore di Cristo…, p. 285 – 286; A. TESSAROLO, Il Cuore di Gesù, in: AA. VV., Gesù Cristo, mistero e presenza, a cura di E. ANCILLI, [Roma], Ed. Ist. di Spiritualità Teresianum, 1971, p. 300 – 302, (Rivista di vita spirituale, 6).

[57] Cf SC 7.

[58] Cf SC 102.

[59] Cf HA 6; e ZORE’, Recentiorum quaestionum… , p. 105 – 106.

[60] Cf SANNA, Sacro Cuore di Gesù, p. 1349. Pio XI, nella Miserentissimus Redemptor, affermava che nel felicissimo segno del Sacro Cuore e nella forma di devozione che ne emana è contenuto il compendio di tutta la religione cattolica (AAS 20 (1928), p. 167); cf anche HA 10 – 11; 61.