Il professor Roberto Gelio
Entrato fin dal 1986 nella Facoltà di Teologia con alcuni corsi di specializzazione, dopo aver iniziato l’insegnamento nell’Istituto Religioso di Scienze Religiose dell’Ecclesia Mater, nel 1989 ottenne per concorso la cattedra di Introduzione alla Sacra Scrittura. Nel ’94 passò alla cattedra di Esegesi dell’AT, nella quale dal ’97 divenne professore stabile.
La sua perdita è una perdita per la ricerca, per lo studio che egli ha curato in maniera rigorosa, per quel suo amore evidente verso il testo biblico, in particolare ebraico, e per la filologia. Uno studio puntuale, vorrei dire pignolo.
Conosciamo bene la figura di Roberto Gello: una mitezza che lo rendeva persino schivo e soprattutto disponibile. C’è una frase di Sari Paolo nella Lettera ai Filippesi, (Phil 4, 5) in cui l’apostolo invita i suoi destinatari a rendere nota quella epieièia che viene tradotta con “affabilità” e che il Prof. Zerwick dell’Istituto Biblico traduceva con “arrendevolezza”, equivalente di “mitezza” o “disponibilità”.
La frase di Matteo (5, 41): “se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne due” sembra applicarsi bene alla sua disponibilità verso i viaggi. Roberto ha passato una notevole parte della sua vita a viaggiare, non solo rendendosi attento alle necessità della nostra Facoltà di Teologia, per andare a presiedere Commissioni di Esami negli Istituti Teologici Affiliati e negli Istituti Superiori di Scienze Religiose collegati alla nostra Facoltà, ma anche, per esempio, per recarsi da Roma ad insegnare Sacra Scrittura all’Istituto Teologico della sua Congregazione della Missione a Genova Brignole. E questo per 25 anni. Ma c’è un altro settore di viaggi che Roberto Gelio ha curato: quelli nel Medio Oriente, programmati e guidati da lui, in Terra Santa ed in Siria o anche in Egitto. Tutti hanno conosciuto non solo la sua pazienza nel gestire i gruppi, a volte eterogenei e perciò non facili, ma soprattutto la sua competenza: aveva infatti studiato a fondo la storia, oltre che la geografia, ma soprattutto la cultura e la religione di questi Paesi che con la Bibbia hanno talvolta intrecciato i loro destini.
E qui devo ricordare la sua preparazione negli studi di orientalistica. Già da quando era studente al Biblico, alla fine degli anni ’60, oltre alle lingue necessarie come il greco, l’ebraico e l’aramaico, aveva frequentato corsi di lingue orientali insieme ad un comune amico, e solo in due: due per un corso! Studiavano l’ugaritico, l’accadico, l’egiziano ed anche il sumero. Quindi venne logico per lui laurearsi all’Università Statale La Sapienza, alla Facoltà di Lettere, in Studi Orientali, con una tesi di laurea sulla “Regalità neoassira”, che purtroppo non venne pubblicata. E così fu anche naturale essere invitato dall’Istituto Biblico ad insegnare la lingua ebraica, cosa che fece dal ’70 al ’79.
La sua ricerca appassionata si riversò in alcune pubblicazioni, collaborazioni e, più recentemente, in un volume sulla conquista di Gerusalemme da parte di Davide. Nel quale avanza una nuova ipotesi risolutrice di certi problemi inerenti 2 Sam 5. Aveva progettato un nuovo volume sulla storia dell’antica religione di Israele, quella soprattutto un po’ discussa e variegata che precedette la stabilizzazione e la purificazione nel giudaismo postesilico. Ecco, questo è stato uno spettro di interessi di alto profilo. Per parlare del “culto” di Roberto Gelio verso la pagina biblica, vi cito il testo di un rabbino del I sec. riportato nella Misnah, il Rabbi Ben Bag Bag che, secondo la tradizione dei maestri d’Israele, sarebbe stato discepolo di Hillel e quindi cronologicamente vicino sia a Gesù che a Paolo. Si legge di questo Rabbi, a proposito della Torah, un detto che noi possiamo riprendere a proposito della Sacra Scrittura o, se volete, della Parola di Dio: “Girala e rigirala, poiché in essa c’è tutto: contemplala. Invecchiati e consumati in essa. Da essa non ti allontanare mai, poiché non c’è per te porzione migliore” (Pirqê Abôt 5, 25).
Questo ha fatto lui: si è consumato nella contemplazione, nello studio, nel volgere e rivolgere il testo biblico. E, se vi sembra che questa citazione non sia cristiana, possiamo riportarne un’altra, sostanzialmente parallela, di S. Girolamo: “Vivere in mezzo a questi libri, meditarli, non conoscere e non desiderare altro: non ti sembra che sia come abitare il Regno celeste già qui sulla terra?” (Ep. 53, 10).
Mons. Romano Penna
Fonte: Informazione Vincenziana, 6/2001, p. 11 – 12