Gli scienziati sanno anche essere sarcastici; è il caso del titolo dell’importante rivista Lancet Psychiatry di agosto, dove due ricercatori canadesi così sintetizzano nel titolo l’urgenza di inviare segnali sui rischi della cannabis ad un mondo che finge di non sentire: «Cannabis e psicosi: capire i segnali di fumo», dove il termine ‘fumo’ è volutamente sarcastico per un messaggio tragico: «La cannabis può contribuire allo sviluppo della schizofrenia». Lo conferma la rivista Acta Psychiatrica Scandinavica di agosto, perché il suddetto ‘fumo’ da marijuana non è quel ritrovato innocuo di cui parlano irresponsabilmente troppi giornali, ma un insieme di sostanze che trasmettono gli impulsi tra le cellule nervose, alterandoli. Per esempio, riportano gli studiosi, una di queste sostanze, il THC, «è spesso associato ad effetti deleteri come alterazione della coscienza, ansia e sintomi psicotici».
Già questo fa capire i rischi di una liberalizzazione della vendita di cannabis, perché rende implicito e talvolta colpevolmente esplicito il messaggio che la marijuana non fa male anzi. Eppure basterebbe – è chiedere troppo?- che i giornalisti si informassero sui motori di ricerca scientifici ufficiali invece di riflettere luoghi comuni. Per smentire i supposti benefici della marijuana, la rivista Drug and Alcohol Dependence di settembre mostra in una ricerca che laddove si legalizza la marijuana, ne aumenta l’uso fra i giovani e, se non bastasse, aumenta anche l’uso di tabacco. E il Journal of Clical Psychiatry di agosto spiega che non ci sono le evidenze per consigliare la marijuana ‘terapeutica’ nelle malattie mentali mentre il JAMA recentemente spiegava che l’uso terapeutico di cannabinoidi è limitato a pochi selezionate malattie con dolore cronico severo e spasticità; ma si badi bene, spiega Biochemical Pharmacology di luglio riportando gli ultimi progressi nel settore, che non è ‘lo spinello’ che cura, ma un apposito spray con solo alcune molecole derivate dalla cannabis.
Ma, smentiti i ‘benefìci’, continuiamo a guardare i ‘segnali di fumo’ mandati dalla letteratura scientifica sulle reali conseguenze della cannabis. Per restare al solo mese di agosto, la rivista Biological Psychiatry riporta la descrizione dei danni da cannabis misurati con la Risonanza Magnetica, perché lo spinello non colpisce ‘solo l’umore’, ma alterando i rapporti tra le cellule del cervello le rimodella e le altera, in particolare con effetto su tre zone chiamate amigdala, ippocampo e corteccia frontale anteriore: nomi complessi ma per i neurologi hanno un preciso significato. L’amigdala è il centro delle emozioni, tutte le paure ma anche il senso di sicurezza passano attraverso la sua integrità; ippocampo è il centro della memoria, in diretta connessione con l’amigdala; infine la corteccia prefrontale è il centro da cui passa la nostra empatia e la capacità di socializzare e razionalizzare gli eventi.
La ricerca analizza 31 studi e conclude che le conseguenze dipendono sia dalla dose che dalla precocità dell’età di inizio del consumo. Sempre in agosto, gli fa eco un’altra importante rivista, Current Pharmaceutical Design, che oltre ripetere che «l’uso regolare della cannabis è stato associato a vari problemi di salute quali psicosi, ansia, depressione e alterazioni cognitive», analizzando 103 studi alcuni fatti con la Tomografia ad Emissione di Positroni, mostra che la cannabis provoca «cambiamenti strutturali e funzionali nel cervello umano». Lo stesso Current Pharmaceutical Design riporta in un altro studio le alterazioni strutturali della corteccia prefrontale che subiscono gli adolescenti fumatori di cannabis, e la International Review of Neurobiology di agosto conferma questi dati di alterazioni strutturali del cervello sottolineando i rischi del ‘fumo’ tra gli adolescenti e la rivista tedesca Psychopharmacology spiega come «i cannabinoidi esogeni [le sostanze che si inalano fumando cannabis alterano la normale maturazione del cervello».
La rivista Pharmacological Research di luglio riporta inoltre un interessante studio fatto sui ratti in cui le suddette lesioni provocate dalla cannabis sull’ipotalamo in età giovanile, restano fino all’età adulta inoltrata e provocano alterazioni del comportamento. La scienza stessa spiega il perché del fallimento delle strategie di legalizzazione: il cervello dell’adolescente non ha ancora strutturato le zone deputate alla scelta razionale, mentre ha sviluppate più dell’adulto le zone deputate alla ricerca di gratificazioni anche da sostanze chimiche, come spiega Daniel Romer su Prevention Science. Dunque è facilmente influenzabile se ha a disposizione facilmente una sostanza ‘gratificatrice’ come la marijuana, e non sa resistere come farebbe un adulto usando la ragione, in barba a chi pensa che, liberalizzata la cannabis, il giovane saprebbe moderarsi. Paradosso ulteriore, la marijuana abbiamo visto che va proprio a colpire le zone del cervello che inducono all’approccio razionale ai problemi e alla moderazione delle scelte, peggiorando così le cose.
Certo, non tutti i consumatori di cannabis hanno problemi di salute mentale, così come non tutti i fumatori di tabacco hanno tumore ai polmoni, ma la ricerca scientifica serve proprio a mettere in guardia: se un mio amico fuma un pacchetto di sigarette al giorno e non sta male, non è un buon motivo perché io lo imiti, perché la scienza valuta grandi numeri mette al riparo dai pericoli. Insomma, emergono due evidenze: la prima è che i danni da cannabis ci sono e sono documentati, la seconda è che nessuno ne parla, preferendo banalizzare o per pigrizia di ricercare le fonti o, magari, per paura di trovarle. I l rischio della liberalizzazione è di far passare il messaggio che ‘tanto non fa male’. Eppure le fonti scientifiche a smentire questo ‘dogma libertario’ sono alla portata di tutti e da tempo la comunità scientifica mette in guardia non con proclami ma con dati e fatti. Già nel 2007 la rivista Lancet titolava uno studio: «Uso della cannabis e rischi di psicosi o problemi mentali: una revisione sistematica della letteratura», e chiudeva lo studio scrivendo: «Concludiamo dicendo che ormai c’è sufficiente evidenza per mettere in guardia i giovani che l’uso di cannabis può aumentare il loro rischio di sviluppare una malattia psicotica nel corso degli anni». Vi sembrano ‘segnali di fumo’ da ignorare?
Carlo Bellieni
Fonte: Avvenire – 20 settembre 2016